Cioccolato fondente: Conservazione, durata di conservazione e deterioramento

Il cioccolato fondente (43% o più di cacao e senza latte animale o vegetale)

È uno di quegli alimenti che si trovano in quasi tutte le case, conosciuto e apprezzato da tutti, ma sappiamo davvero come conservarlo, per quanto tempo e cosa fare quando scopriamo che gli avanzi di una tavoletta di cioccolato hanno preso un aspetto grigiastro?

Gli esperti di CriolloQuetzal hanno messo assieme tutto ciò che bisogna sapere al riguardo, in modo da poterlo gustare nelle migliori condizioni possibili ed evitare qualsiasi spreco!

 

Per quanto tempo si può conservare il cioccolato fondente?

Quasi all'infinito, ma bisogna distinguere tre fasi:

  1. Il cioccolato ha una Data di Scadenza. Si tratta di una data puramente normativa imposta dalla legislazione del Paese in cui è stato prodotto. Il cioccolato sarà al meglio in termini di gusto, odore e qualità nutrizionali fino a tale data, che spesso viene fissata a 1-2 anni dalla produzione.
  2. Dopo questa data, non buttate via il vostro cioccolato fondente, è ancora perfettamente consumabile: il suo odore scomparirà completamente solo dopo 3 anni e il suo sapore solo dopo 5 anni.
  3. Dopo 5 anni potete ancora usarlo, ma è meglio trasformarlo: fondetelo con del cioccolato fresco per incorporarlo nei vostri impasti o grattugiatene qualche scaglia per decorare dei dolci o per altre ricette.

Quando non è sicuro mangiare il cioccolato fondente?

Quasi mai! Il cioccolato fondente che non è stato aggredito dalla muffa, immediatamente riconoscibile sulla sua superficie, può essere consumato quasi indefinitamente.

La muffa può comparire se il prodotto è stato conservato in un ambiente troppo umido (cucina o cantina), se è venuto a contatto con dei liquidi (ad esempio bevande o sciroppi fuoriusciti dai loro contenitori nella credenza), oppure a contatto con alimenti freschi o leggermente lavorati, quali le paste di frutta riposte nella stessa scatola dei dolci.

Perché il mio cioccolato fondente è diventato bianco? E cosa devo fare?

Il cioccolato fondente che presenta una pellicola/crosta bianca sulla superficie superiore è stato sottoposto a uno sbalzo termico eccessivo e/o troppo rapido. I grassi in esso contenuti sono saliti in superficie, tutto qui.

Il cioccolato fondente che presenta una pellicola biancastra piuttosto viscida su uno o più lati è il risultato di una conservazione in un ambiente troppo umido. Lo zucchero inizia a sciogliersi e forma un sottile strato appiccicoso.

In entrambi i casi, niente panico! Assaggiatene un pezzetto e se il sapore è ancora buono, mangiatelo senza esitazione. Se invece ha perso sapore, usatelo per farne dei dolci.

Quindi, dove e come conservo il mio cioccolato fondente?

In un luogo fresco, asciutto e senza luce diretta, semplicemente! Per dirla in termini tecnici: In un armadio, tra i 16 e i 20 gradi centigradi e con un'umidità del 50-60%.

 

E per finire, un piccolo aneddoto: conoscete sicuramente Amaury Guichon, la star franco-svizzera della pasticceria e del cioccolato con milioni di follower. Ha creato un'accademia del cioccolato a Las Vegas ma, soprattutto, ha realizzato sculture di cioccolato di dimensioni inaudite.

Il suo più grande sogno è quello di aprire un museo di tutte le sue opere. E, in base a quanto egli stesso ha affermato, non c'è alcun problema di conservazione: infatti, egli ritiene che la vita di queste sculture, fatte di puro cioccolato fondente, sia di ben 25 anni!

CriolloQuetzal e il mondo svizzero del cioccolato Bean-to-Bar e Tree-to-Bar

Cioccolato Bean-to-Bar e Tree-to-Bar in Svizzera

 

Il movimento "Bean-to-Bar" (in italiano “dalla Fava alla Tavoletta”), è nato negli anni 2000 e riunisce un gran numero di cioccolatai di tutto il mondo che vogliono controllare, quanto più possibile, la propria filiera d’approvvigionamento e di produzione. Negli ultimi anni, questo movimento è arrivato anche in Svizzera, il "Paese del cioccolato"! Un cioccolataio artigianale che produce secondo il principio Bean-to-Bar si rifornisce di fave di cacao dai produttori o dalle cooperative che le distribuiscono e poi esegue personalmente tutte le fasi della loro trasformazione fino al prodotto finale: la tavoletta di cioccolato. Può sembrare poco, ma se si considera che meno dell'1% del cioccolato mondiale viene prodotto in questo modo, l'approccio assume immediatamente un significato e, soprattutto, un'importanza, del tutto nuovi.

Infatti, se si esclude il cioccolato industriale e si guarda solo alla produzione artigianale delle piccole e medie fabbriche di cioccolato, si scopre che la stragrande maggioranza dei loro dolci è in realtà realizzata a partire da semilavorati forniti dall'industria alimentare. Le palline di cioccolato acquistate all'ingrosso vengono riscaldate, versate e modellate da questi cioccolatai. Le tavolette, i tartufi e i coniglietti di Pasqua, a volte con qualche spezia o altri sapori più o meno originali, vengono poi venduti a un prezzo relativamente alto.

I veri artigiani cioccolatai sono quindi quelli, fin troppo rari, che padroneggiano tutte le tecniche di lavorazione e produzione, a partire dalle fave stesse. Gli artigiani di Bean-to-Bar, inoltre, si preoccupano di sapere esattamente da dove proviene la loro materia prima, chi la coltiva e in quali condizioni.

In Svizzera, alcuni piccoli cioccolatai artigianali offrono prodotti Bean-to-Bar. In questo caso, la denominazione è chiaramente indicata sul prodotto, il che lascia intendere che gli altri prodotti non lo sono. A titolo di esempio si può citare una deliziosa tavoletta pura-origine "Camerun" prodotta e venduta dal team di Espace Chocolat (Losanna e Yverdon) e proveniente dalla piantagione "Noa Noa", recentemente certificata Bio. Tra i produttori di medie dimensioni, vanno citati i prodotti rari ed eleganti di Orfève a Ginevra, le tavolette prodotte da Taucherli, ad Adliswil, utilizzando fave di cacao coltivate nel massimo rispetto ambientale o, ancora, i prodotti, belli e biologici, delle ragazze di Garçoa a Zurigo Wollishofen. Questi cioccolati, così come molti altri che vi invitiamo a scoprire, possono essere acquistati presso altri rivenditori specializzati come Chocolats du Monde.

Volendo ampliare ancor di più questo concetto, alcuni cioccolatai hanno sviluppato l'idea del « Tree-to-Bar » (in italiano “dall’Albero alla Tavoletta”) che prevede, oltre a tutto ciò, la padronanza dell'arte di coltivare il cacao e poi di raccoglierlo, fermentarlo ed essiccarlo. Pochissimi produttori al mondo possiedono tali capacità, ma chi fa parte di questo ristrettissimo gruppo può affermare di controllare la catena produttiva del proprio cioccolato dalla A alla Z. Non dipendono da altri fornitori esterni se non quelli da cui acquistano lo zucchero, le spezie e gli altri sapori aggiunti alle loro tavolette. Quasi tutti i produttori di Tree-to-Bar, come Soklet in India, Baianí in Brasile o TBros in Vietnam, hanno sede nel paese in cui viene coltivato il cacao. Pochi di questi prodotti di alta qualità si trovano nei negozi specializzati in Svizzera e in Europa.

CriolloQuetzal svizzero cioccolato Bean-to-Bar Tree-to-Bar

La missione di CriolloQuetzal è quella di far conoscere agli amanti del cioccolato gli eccezionali prodotti dei migliori cioccolatai Bean-to-Bar e Tree-to-Bar e di offrire a questi artigiani l'accesso al mercato svizzero ed europeo. Per questo motivo non offriamo volutamente articoli prodotti da cioccolatai svizzeri, ma solo prodotti rari, realizzati in piccole quantità nei paesi produttori di cacao con i migliori ingredienti freschi e locali. Lavoriamo con questi cioccolatai in regime di commercio diretto, cioè senza alcun intermediario, garantendo che il 50% del prezzo di vendita della tavoletta rimanga nel Paese produttore, contro il 5-7% di un prodotto cosiddetto “Fairtrade” acquistato in Svizzera, e sosteniamo finanziariamente i loro approcci ecologici e sociali. Importiamo i loro prodotti in Svizzera e li offriamo nella nostra boutique direttamente al consumatore finale, il tutto con un'impronta di carbonio pari a zero perché compensiamo tutte le emissioni di CO2 che generiamo.

Caldo in vista

Recentemente, le temperature di picco della stagione secca, molto più elevate rispetto a qualche anno fa, sono diventate un problema importante, per i coltivatori di cacao, almeno quanto la mancanza d'acqua o le nuove malattie apparse negli ultimi decenni.

Le regioni più vulnerabili al riscaldamento globale sono tutte situate in Africa occidentale, principalmente in Costa d'Avorio e Ghana, i due paesi da cui proviene attualmente circa il 60% della produzione mondiale di cacao… È quindi giusto affermare che la produzione mondiale di cacao si sta preparando a grandi sconvolgimenti.

Diviene sempre più evidente che, in termini di vulnerabilità a tali cambiamenti, tra le diverse regioni del mondo esistono enormi disparità. Accade così che regioni fino ad ora considerate poco idonee alla coltivazione del cacao, si stanno trasformando in nuovi Eldorado.

pericoli riscaldamento globale coltivazione cacaoSe osserviamo più da vicino gli effetti di queste temperature estreme, scopriamo un modello ricorrente: le cime degli alberi di cacao si seccano, bruciate dal sole, gli alberi non crescono più normalmente, fioriscono e quindi producono molto meno e, soprattutto, in momenti difficili da prevedere (prima o dopo la stagione del raccolto abituale). Quando i frutti (baccelli) maturano durante la stagione delle piogge, spesso marciscono sull'albero e nuove malattie deformano quelli che sopravvivono. Di conseguenza, si perdono sempre più alberi di cacao, l'area di produzione si restringe e, quindi, la produzione di cacao per appezzamento diminuisce, con conseguenze drammatiche per i produttori che diventano ancora più poveri ed entrano, a loro volta, in un circolo vizioso dalle conseguenze disastrose:

Da un lato, c'è una vera tragedia umana per coloro che vedono il loro reddito diminuire anno dopo anno e, dall'altro, c'è un'enorme sfida ambientale nelle regioni che hanno iniziato da poco a coltivare il cacao e che devono evitare di fare gli stessi errori commessi dalle regioni di più antica esperienza.

Fortunatamente, le alternative a questo tipo di coltivazione esistono, la sfida è quella di formare i milioni di piccoli agricoltori a queste tecniche, qualcosa che può essere fatto solo tramite canali di produzione equi e brevi, con il sostegno degli attori locali. Alla fine della catena, è il consumatore (che, in questo caso, potremmo definire: consum’attore), che deve accettare di comprare da distributori impegnati e di pagare un prezzo commisurato alla posta in gioco per il cioccolato che tanto ama e che vorrebbe continuare a gustare anche in futuro.

Un albero può nasconderne un altro

Prima di parlare del futuro, parliamo del passato! L'albero del cacao è fondamentalmente un albero di sottobosco della foresta amazzonica. In altre parole, cresce all'ombra degli alberi più alti e fa parte di un ecosistema ampiamente autosufficiente. È in questo modo che è stato coltivato fino agli anni '70, quando quasi tutti i contadini hanno, purtroppo, ceduto al canto delle sirene di alcune multinazionali che proponevano nuove varietà di alberi di cacao in grado di crescere in pieno sole, spinte all'estremo per offrire la massima resa... e che richiedevano nel processo di coltivazione (ma questo era scritto in piccolo) enormi quantità di acqua, fertilizzanti e pesticidi!

Ne è conseguita una deforestazione sempre più massiccia, un degrado del suolo spesso irreversibile e un estremo impoverimento degli agricoltori, una situazione che continua ancora oggi, soprattutto in Ghana e Costa d'Avorio, da dove proviene circa il 70% della produzione mondiale di cacao.

È solo da poco che ci si è resi conto che l'intera industria stava andando incontro alla catastrofe. Inizialmente si era pensato che la soluzione sarebbe stata quella di operare una rigorosa selezione di varietà di cacao capaci di tollerare la siccità e le nuove malattie. Successivamente, è stato necessario aggiungere anche un’altra capacità, quella della resistenza a temperature massime più elevate. Attualmente, ci si sta gradualmente rendendo conto che l'unica soluzione veramente sostenibile ed efficace viene dalle tecniche agroforestali, ovvero tecniche differenti adattabili a situazioni differenti:

Agroforestazione: passato futuro coltivazione cacao

L'agroforestazione, o agrosilvicoltura, è quindi un insieme di pratiche che consistono nell'associare alberi protettivi e bioregolatori alle colture per (ri)creare ecosistemi autosufficienti. Se stiamo cercando di (ri)lanciare queste tecniche agroforestali oggi, è perché sono chiaramente LA soluzione per garantire un futuro alle popolazioni locali di coltivatori ma, anche a tutto il settore del cioccolato sostenibile e, tra l'altro, al clima del nostro pianeta. Per convincervi di tutto ciò, ecco, in breve, i vantaggi di questo metodo di coltivazione:

Fabbisogno d'acqua: Nessuno. È una coltura autosufficiente per la quale l'acqua piovana è più che sufficiente.

Dipendenza dai pesticidi: Molto più bassa di quella riscontrabile nella monocoltura. I parassiti sono regolati naturalmente attraverso il mix di flora.

Dipendenza dai fertilizzanti: Molto più bassa che nella monocoltura perché con tali tecniche si favorisce la vita biologica, l'infiltrazione dell'acqua e l'incorporazione di materia organica.

Dipendenza dalle fluttuazioni del prezzo mondiale del cacao: in gran parte mitigata poiché la coltivazione di diverse varietà di alberi da frutta sullo stesso appezzamento di terreno nel sottobosco offre una diversificazione del reddito agli agricoltori. Con questa forma di coltivazione gli alberi di cacao possono anche essere lasciati incolti per alcuni anni per poi essere riattivati nel momento in cui il prezzo del cacao torna a crescere.

Stoccaggio di carbonio: 18 volte superiore a quello della monocoltura e quindi un guadagno reale per il clima.

Rese: Identiche a quelle delle monocolture (circa 900 kg per ettaro).

Durata di vita degli alberi di cacao: 50 anni, molto più lunga rispetto alle coltivazioni intensive.

La coltivazione agroforestale del cacao è, quindi, veramente sinonimo di futuro, la sfida è formare a questa tecnica milioni di piccoli agricoltori in tutto il mondo e creare le condizioni necessarie per la sua attuazione. Lavorando esclusivamente con fabbricanti di cioccolato locali che hanno a cuore il futuro economico, sociale ed ecologico della propria regione, facciamo tutto il possibile per sostenere questa transizione e garantire un futuro all'intera industria del cioccolato sostenibile.

Per informazioni più dettagliate:

CIRAD - Centro per la cooperazione internazionale nella ricerca agricola per lo sviluppo, una ricchezza di informazioni sullo sviluppo sostenibile nelle regioni tropicali.

CACAOFOREST - Organizzazione di vari istituti di ricerca e produttori di cioccolato il cui obiettivo comune è quello di inventare il futuro del cacao sostenibile.

Un cioccolato dal gusto amaro

Una delle principali missioni di CriolloQuetzal è quella di eludere integralmente le filiere industriali del mercato del cioccolato. Questa idea è il cuore pulsante del nostro progetto: noi collaboriamo esclusivamente con cioccolatieri Bean-to-bar et Tree-to-bar. Costoro controllano l'intera catena di produzione del cioccolato, dalla fava (Bean) o dall’albero (Tree) fino alla tavoletta di cioccolato (Bar), direttamente nei paesi produttori di cacao. È l’unico modo per garantire un cioccolato di grande qualità il cui valore aggiunto complessivo vada a beneficio delle popolazioni locali.

Perché?

Tutto ha avuto inizio quando Thierry, il nostro fondatore, qualche anno fa ha visitato alcune piantagioni di cacao in Colombia. Era la prima volta che sentiva parlare di Bean-to-bar et Tree-to-bar e tale concetto ha stimolato la sua curiosità. Questa scoperta, e le ricerche che ne sono seguite, gli hanno aperto gli occhi sulle problematiche del mercato del cacao e del cioccolato nel mondo. È così che il progetto CriolloQuetzal è nato.

L’episodio Bitter Chocolate della serie documentario Rotten (Netflix) spiega e analizza alla perfezione queste problematiche, svelando la situazione della Costa d’Avorio, che è il più grande produttore di cacao. Vi do alcune cifre che risultano impressionanti: il 40% del cacao consumato nel mondo proviene dalla Costa d’Avorio. Tale produzione, però, rappresenta solo il 15% del PIL di questo paese, che è basso se si considera che due terzi della sua popolazione lavora, direttamente o indirettamente, per questo mercato! Ogni anno in Costa d’Avorio vengono prodotte più di 2 milioni di tonnellate di cacao.

In un episodio di 55 minuti ricco di informazioni, una più sbalorditiva dell'altra, veniamo guidati alla comprensione dell'enorme divario tra il tenore di vita delle persone a capo delle imprese che controllano il mercato del cacao e quello di coloro che ne sono alla fonte, cioè i lavoratori agricoli.

In Costa d’Avorio, un agricoltore guadagna meno di un dollaro al giorno mentre, globalmente, l’industria del cacao genera più di 100 miliardi di dollari l’anno.  Tra il momento in cui il cacao viene raccolto ed il momento in cui viene confezionata la tavoletta di cioccolato, il prodotto grezzo fa un lunghissimo viaggio, passando per le mani di numerosi attori di questo mercato, che si arricchiscono tutti un po’ più di quello che li ha preceduti, di cui, i principali sono dei giganteschi gruppi internazionali che hanno sede in Europa o negli Stati Uniti.

Gli uomini e le donne che producono la materia prima si trovano intrappolati in un sistema da cui è impossibile uscire. In mancanza di soluzioni alternative, alcuni sono obbligati, tra l’altro, a distruggere intere riserve naturali all’unico scopo di produrre ancor più cacao. A partire dal 1990, la Costa d’Avorio ha perduto l’85% delle proprie foreste, un vero e proprio disastro ambientale. Ma come ci fa giustamente notare Antonie Fountain, uno tra gli esperti intervistati in Bitter Chocolate, «Quando un agricoltore impoverito si trova a dover scegliere tra il preservare la foresta tropicale e sfamare i propri figli, non esiste alcuna possibilità di scelta».

Scandali inerenti il nuovo schiavismo e lo sfruttamento del lavoro minorile, esplodono regolarmente. Nonostante lo sdegno della Comunità Internazionale, poco sembra cambiare e, col tempo, lo sdegno scompare e tutto viene dimenticato… Le priorità degli organi regolatori e dei governi sono chiari: il cacao deve circolare ad ogni costo (letteralmente). Regolamentare e controllare le condizioni di lavoro a livello nazionale, ovvero mondiale, sarebbe ben più costoso e molto meno remunerativo.

A tutto ciò vanno aggiunte la violenza, la corruzione, le condizioni di lavoro durissime e il fatto che tutti coloro che fanno parte di questa catena di approvvigionamento più che precaria, vedono il prezzo del cacao fluttuare costantemente in borsa, ovviamente a loro spese: se domani il cacao perdesse il 50% del suo valore, il prezzo delle tavolette di cioccolato industriale non cambierebbe di un centesimo. Il grande fabbricante di cioccolato guadagnerebbe semplicemente ancor di più poiché il prezzo della materia prima sarebbe crollato. Al contrario, gli agricoltori del Ghana, della Colombia o dell’India, guadagnerebbero il 50% in meno. Un’ingiustizia pura e semplice, che non può essere definita altrimenti.

Concludo citando Henk Jan Beltman della Tony’s Chocolonely, una marca di cioccolato con sede nei Paesi Bassi la cui missione è la produzione di un cioccolato esente al 100% da qualsiasi forma di schiavismo. Beltman sostiene, durante i primissimi minuti di Bitter Chocolate, che il cioccolato è il miglior alimento che esista, e che è nostro dovere conoscerne la provenienza. «Una volta conosciuto ciò che avviene all’inizio della catena di produzione, risulta impossibile continuare ad apprezzarlo».

Ha ragione. La sua affermazione è spiegata e dettagliatamente mostrata, per tutta la durata del documentario, e qualora non fossimo stati sufficientemente chiari, ve ne consigliamo vivamente la visione!  Tutti possono apprendervi molto, ed io spero che vedere tale documentario possa influenzare più di una persona a cambiare le proprie abitudini di consumo di questo prodotto.

Infine, voglio comunque rassicurarvi: non tutto è negativo. Bitter Chocolate ci presenta anche alcuni protagonisti che sono ben coscienti delle ingiustizie che regnano all’interno del mercato del cacao e che si sforzano di porvi rimedio cercando valide alternative. Ve ne elenco alcuni qui di seguito.

Vi auguro una buona visione in compagnia di una deliziosa tavoletta di cioccolato che avrete trovato nella nostra boutique e tramite la quale parteciperete attivamente a far cambiare le cose!

episodio Bitter Chocolate serie Netflix Rotten

VOICENETWORK Una ONG che si adopera per una riforma del settore del cacao. Antonie Fountain, che ho citato in questo articolo, ne è il direttore generale.

ORLARYAN Órla Ryan è una giornalista di origini irlandesi. È uno degli esperti intervistati in Bitter Chocolate ed ha scritto Chocolate Nations un libro che descrive gli orrori del settore del cacao.

TONYSCHOCOLONELY Il sito web di Tony’s Chocolonely. Nelle loro News pubblicano regolarmente articoli e notizie, nonché informazioni sul loro progetto e sui rischi ed imprevisti del settore del cacao nel mondo.

Solo un pizzico di moderazione

Avete fatto anche voi salti di gioia nel sapere che il cioccolato, come il vino rosso e il caffè, può far bene alla salute? Non so voi, ma io l’ho presa come una delle più belle notizie della mia vita.  Ne sono rimasto talmente entusiasmato che ho voluto approfondire l’argomento… per curiosità intellettuale, certo, ma anche perché sono convinto che tutti noi si abbia diritto ad un momento di puro piacere!

Stiamo parlando principalmente del cioccolato fondente e, guarda caso, neppure a farlo apposta, è proprio ciò che noi di CriolloQuetzal proponiamo! Per definizione, perché possa definirsi tale, il cioccolato fondente deve contenere almeno il 43% di cacao, potendo arrivare a contenerne fino al 100% (si, si!). Logicamente, più è alta la percentuale di cacao, più è bassa quella dello zucchero ed è inutile dilungarsi sui danni che lo zucchero produce nell’organismo perché è ormai cosa nota. Per contro, va comunque detto che il cioccolato fondente, in qualsiasi percentuale, è composto anche da burro di cacao e grassi, dunque fate attenzione a non abusarne. MO-DE-RA-ZIO-NE!

Il cacao è una pianta originaria dell’America. Fino al XVI secolo, veniva consumato esclusivamente come bevanda ed era utilizzato per le sue proprietà energizzanti e come medicinale (il burro di cacao, ad esempio, veniva impiegato come balsamo cicatrizzante). Benché, ai giorni nostri, il suo utilizzo e la sua preparazione siano totalmente diversi si può ancora approfittare delle sue innumerevoli virtù.

Sintesi tante virtù pochi danni cioccolato fondenteCome ci spiega la specialista di cioccolato Victoire Finaz, «è nel cacao, materia prima del cioccolato, che si trova una delle più importanti fonti di antiossidanti». In effetti, il cacao ne contiene molti più del tè o del vino rosso. Inoltre, il cioccolato contiene una gran quantità di altri nutrimenti essenziali quali il magnesio, il ferro, il potassio e la vitamina D. Vi si trova addirittura del fluoro! So a cosa state pensando ma… non bisogna esagerare… purtroppo, il cioccolato non potrà mai sostituire il dentifricio.

Un consumo regolare di cioccolato fondente aiuta il sistema cardiovascolare, contribuisce all’eliminazione del colesterolo e rallenta l’invecchiamento della pelle. Il cacao è anche uno stimolante, grazie alla teobromina e alla caffeina in esso contenute ma, nel caso della caffeina, in quantità nettamente inferiore a quella contenuta nel caffè. Oltre ai benefici del cacao come alimento, il burro di cacao, grazie alle sue proprietà idratanti, è particolarmente indicato per mantenere l’elasticità della pelle.

Al di là degli effetti propriamente fisici del cacao, va segnalato il fatto che il cioccolato agisce in maniera significativa anche sul cervello. Le sue proprietà antidepressive sono ampiamente dimostrate. Victoire Finaz precisa che il cioccolato «permette, a livello cerebrale, la secrezione ed il rilascio delle endorfine», le molecole del piacere. Quest’ultime sono «euforizzanti e calmanti, diminuiscono l’ansia, regolarizzano l’umore e provocano uno stato di euforia, generando una sensazione di benessere diffuso». Studi recenti hanno inoltre dimostrato che il cacao stimola il sistema nervoso e migliora le capacità mnemoniche e di concentrazione.

Non male, vero? Ovviamente, non va mai dimenticato quanto sia importante mantenere un’alimentazione equilibrata! Tuttavia, la prossima volta che esiterete nel mangiarvi un quadratino in più, o che vi troverete a togliere dal carrello della spesa la tavoletta di cioccolato fondente al 70% al peperoncino, dicendovi «non dovrei…», non abbiate più remore e fate un regalo alle vostre papille, al vostro cuore e al vostro corpo!

 

Fonti :

« Chocolat, l’art de la chocologie et de la dégustation », « Chocolat, voyage au cœur de la culture du chocolat », www.futura-sciences.com

Uccello sacro e specie rara di fava di cacao

«Criollo Quetzal, un nome difficile per un marchio di fabbrica!»

Ne siamo consapevoli: quello che abbiamo scelto è un nome complicato, molto più difficile di quello di qualsiasi altra grande marca di cioccolato ma, d’altro canto, come per tutto ciò che ci riguarda, anche per questa scelta abbiamo avuto delle buone ragioni!

CriolloQuetzal cioccolato nomeIl criollo è una straordinaria varietà di cacao, la più rara e deliziosa tra le 4 esistenti in natura, ed è proprio questa, quella che noi andiamo a scovare in giro per il mondo affinché possiate scoprire gli aromi originali del cioccolato. Era, quindi, importante che il suo nome figurasse direttamente nel nome della nostra azienda.

Il quetzal, invece, è uno splendido uccello tropicale dai molteplici colori che vive nelle regioni d’origine del cacao, in particolare nell’America centrale e nel nord dell’America latina. Fin dalla notte dei tempi, quest’uccello era venerato, per il suo particolare e stravagante piumaggio, dai popoli di quelle terre, gli Atzechi e i Maya e, per queste ragioni, in qualche modo, predestinato a divenire il nostro animale simbolo.

CriolloQuetzal cioccolato logo Blaise MagnenatÉ così che una fava rara di cacao e un uccello sacro dalle piume di cinque colori si sono ritrovati assieme nell’immaginario creativo dello studio di comunicazione incaricato di elaborare il nostro logo e la nostra veste grafica. Dal lavoro e dalla fantasia di quelle menti, è scaturita l’immagine di una fava di cioccolato alata (trasposizione grafica di CriolloQuetzal), e i colori del piumaggio del volatile, il rosso, il verde, il blu, il giallo ed il violetto, sono divenuti il codice colore delle 5 regioni d’origine del nostro eccezionale cioccolato. Bisogna proprio dirlo, che bel mestiere quello del creativo! É quindi con immenso piacere che abbracciamo forte la squadra che ha immaginato e realizzato tutto ciò e, in particolare, il suo capo, a BlaiseMagnenat.

Ecco, ora sapete tutto e vedrete che è molto più semplice da pronunciare di quanto non ne abbia l’aria:

K-R-I-O-L-O-K-É-T-S-A-L.